Si è iniziato a parlare di smart working e del suo riconoscimento normativo nel 2017, almeno per quanto riguarda l’Italia. Anno in cui il riconoscimento ufficiale sia per lavoratori pubblici che privati è arrivato nell’ordinamento, grazie al riconoscimento della flessibilità lavorativa oltre che delle parità di condizioni garantite ai lavoratori.
Ma, come accade di solito in un paese che considero meravigliosamente creativo ed al tempo stesso troppo ancorato alla prassi di tutti i giorni, c’è voluta una pandemia perché le aziende iniziassero concretamente ad organizzarsi per un lavoro a distanza.
In realtà, se ripenso alla mia attività lavorativa, già dal 2013 lo smart working era entrato a pieno ritmo nella cosiddetta “normalità”.
Ovviamente il lavoro a distanza e da remoto nell’ambito del web marketing è oggigiorno considerato pressoché scontato, la cosa davvero inusuale per me, è stato iniziare a collaborare nella direzione aziendale da remoto.
Ma esperienze personali a parte, la domanda che oggi mi frulla in testa è:
lo smart working smantellerà a tutti gli effetti la precedente prassi lavorativa (entrando a pieno regime nella normale gestione spazio-tempo professionale) oppure ci sarà un ritorno alla classica vita d’ufficio?
La risposta è per me scontata
Nonostante si legga ogni giorno di grossi colossi che smantellano gli uffici in favore di lavoro da remoto di tutti i dipendenti, ritengo che nei mesi (si spera non anni) futuri ci sarà un grosso dietrofront.
Quando all‘essere umano viene negato qualcosa, inizia a desiderarla con tutte le forze.
Lo stesso da quanto ho potuto vedere, inizia già ad accadere con il “divieto” di mettere piede in ufficio: passata l’iniziale fase di euforia,la maggior parte delle persone iniziano ad attendere con ansia il ritorno alla normalità. Una normalità fatta di condivisione, di sorrisi, di quelle sensazioni che uno schermo può solo che rendere sterili.
Lo smart working non è il futuro, ma sicuramente ne farà parte
Dal mio punto di vita è quindi impensabile che l’essere isolati nei propri appartamenti possa diventare la nuova normalità.
D’altro canto se solo pensiamo ad un brainstorming a distanza, oltre che avere tutto un’altro sapore, ha risvolti e soprattutto risultati meno entusiasmanti.
In una vita aziendale orientata sempre di più al raggiungimento dell’obiettivo comune, una giusta condivisione di tempo e spazio nel momento in cui l’unione di più menti può fare davvero la differenza.
Vedo l’ufficio per il prossimo futuro come un luogo di aggregazione e condivisione, di formazione e brainstorming, da cui iniziare a stilare un piano d’azione che poi, individualmente, ognuno di noi può essere libero di portare avanti in autonomia.
L’ufficio, oltre che luogo ideale per l’unione delle diverse menti, rappresenterà (almeno nelle mie aziende) il luogo che con i dovuti spazi, precauzioni e distanziamenti, saprà riunire tutti i collaboratori in un’ottica di massimizzazione della produttività.
Il luogo di formazione e condivisione di cui le aziende non potranno privarsi e non potranno negare ai propri collaboratori.
Voi cosa ne pensate?